Incontro Massimiliano Zappa co-titolare dell’omonima azienda insieme al fratello Alberto.
Mi riceve nella “caffetteria” all’interno della sua azienda, un luogo che manifesta da subito la sua sacralità, ricco di profumi, di aromi, il caffè lo si respira veramente. Ci sono diversi tipi di macchine: per l’erogazione, per la macinatura, al centro una grande macchina di quelle che siamo abituati a vedere nei bar più belli, non posso certo rifiutare l’assaggio di un ottimo caffè, che avevo sapientemente evitato di prendere poco tempo prima, per non appesantire il mio fisico di caffeina, dovevo assolutamente degustare un caffè Varanini. Massimiliano mi fa compagnia e mi racconta che la Torrefazione Varanini nasce il 1 Febbraio del 1970 a Milano in via Varanini n°3 quando il papà Stefano, dopo un’esperienza nel settore del caffè, decide di mettersi in proprio.
Acquista una piccola attività artigianale composta da un bar e da una piccola torrefazione e inizia a vendere il caffè al dettaglio, ma l’idea era già quella di vendere il caffè all’ingrosso, agli altri bar. In quegli anni per lui la giornata iniziava presto, tostava il caffè e a metà mattina con la sua bicicletta portava il caffè nei bar di Milano. Sono gli anni che seguono il boom economico ma anche gli anni della contestazione tra i cortei degli operai e gli scontri violenti di studenti arrabbiati, nonostante ciò il capoluogo lombardo in questo processo controverso diventa simbolo e capitale del benessere. Negli anni ’80 entra in azienda il fratello di Massimiliano, Alberto, che porta nuova linfa, più energia e più idee, il fatturato cresce, il bar-torrefazione diventa stretto, insieme decidono di creare a Limbiate il primo vero e proprio stabilimento della Torrefazione Varanini. Alberto decide di aggredire il mercato del Vending, sulla scia del successo del brand, oramai conosciuto nei bar nell’area milanese. L’idea è stata quella di entrare nel settore che identifica la somministrazione del caffè attraverso i distributori automatici con miscele di qualità, di livello più alto a quei tempi scarsamente utilizzate in un settore abituato a miscele basiche dal prezzo contenuto. L’idea è vincente, la miscela di qualità nel vending incontra il favore del consumatore, finalmente anche nelle “macchinette” si può bere un caffè come al bar.
Ma qual è l’origine, come nasce la passione per il caffè domando a Massimiliano.
“Mio padre era una persona molto vivace e molto curiosa, era affascinato dal caffè che veniva servito a qualsiasi ora nei bar milanesi, dopo aver cercato lavoro in quel mondo e dopo la classica gavetta iniziata facendo il garzone, decide di mettersi in proprio e di avviare l’attività inizialmente in modo artigianale. Poi io e Alberto abbiamo cercato di industrializzare maggiormente l’attività, diventava necessario mantenere la costanza della qualità nel tempo, cosa non semplice nel nostro mondo, da lì gli investimenti sono aumentati, la nostra è stata la terza azienda a ricevere la certificazione di qualità non solo sulle miscele ma su tutto il processo produttivo, dall’acquisto del caffè crudo, alla tostatura, alla creazione delle miscele, fino alla distribuzione e all’assistenza”.
Il caffè, una bevanda che fa parte della nostra cultura. Alberto mi spiega che si sono frammentati i consumi, le occasioni per degustarlo sono aumentate oggi si beve il caffè a casa, al lavoro, in ufficio, grazie alla distribuzione automatica lo si trova ovunque, nelle stazioni, nelle scuole nelle università, nei luoghi di svago, può essere offerto in capsula oppure in grani con qualità e prezzi differenti. Le torrefazioni hanno dovuto rendere la produzione più articolata, non tutte hanno seguito questo processo, i Fratelli Zappa invece, pur rappresentando un’azienda medio piccola, hanno investito fortemente in tecnologia e in nuovi impianti per essere in grado di diversificare la produzione. C’è una continua ricerca dell’efficenza per cercare di offrire un prodotto di alta qualità ad un prezzo medio. La medio piccola dimensione non aiuta, esiste il vantaggio di essere più snelli, ma anche lo svantaggio di non avere le dimensioni che consentirebbero maggiori economie di scala.
In un mondo in continua evoluzione, chiedo ad Alberto, come si fa a fare innovazione con un prodotto tradizionale come il caffè e come il settore si approccia ai temi legati alla sostenibilità. “Un forte innovazione si è vista negli ultimi anni con la nascita del mono porzionato, oggi cerchiamo di farla creando nuove miscele che rispondano alle esigenze del nostro cliente che, ricordo, non è il consumatore finale, ma il nostro rivenditore che deve conciliare il posizionamento di prezzo e di qualità della sua offerta. Per la sostenibilità è importante scegliere il fornitore che deve garantire che il caffè verde provenga da coltivazioni dove sia l’ambiente sia i lavoratori rispondano a criteri sostenibili. Noi invece dobbiamo attenzionare il processo di produzione e gli imballaggi”.
Il sacchetto in cui è contenuto il caffè in grani purtroppo oggi non è riciclabile, fino a poco fa ero convinto che si trattasse di un involucro in alluminio, invece si tratta di un triplice accoppiato composto da alluminio e due tipi di plastiche. Mi spiega Alberto che stanno facendo delle prove con un mono materiale completamente riciclabile nella plastica, la sfida è quella di garantire una corretta conservazione nel tempo del caffè che in assenza di una barriera così forte oggi garantita dall’alluminio rischia di perdere le proprie caratteristiche. Anche per le capsule si sta andando verso materiali biodegradabili, sta tornando di moda la vecchia cialda in carta che sposa in pieno i criteri di sostenibilità. L’attuale crisi energetica pesa ulteriormente sull’aumento dei prezzi delle materie prime, in un anno il caffè crudo è aumentato tra l’80 e il 120%, a seconda che si tratti di miscela arabica o robusta, poi c’è stata un erosione dovuta al cambio sfavorevole tra Euro-dollaro, visto che la materia prima viene acquistata con la valuta americana, la miscela arabica viene comperata sulla borsa di New York mentre mentre la miscela robusta sulla borsa di Londra. Un anno fa il cambio euro dollaro era 1,15 oggi siamo a 1,06. Poi l’aumento del costo dell’energia e soprattutto del gas visto che quasi tutte le testatrici utilizzano il gas metano per la tostatura. Oggi produrre un kg di caffè costa circa 2,5 Euro in più rispetto ad un anno fa.
Chiedo come si fa recuperare questi aumenti: “Purtroppo non siamo riusciti a ribaltare completamente questo maggior costo sul cliente e abbiamo subito una perdita di marginalità, per questo è necessario ricercare una maggiore efficenza nei nostri processi produttivi. La stessa cosa vale per i nostri clienti, noi serviamo circa 500 clienti nel canale bar in un territorio che è pari circa a due terzi della Lombardia. Fortunatamente abbiamo diversificato i canali di vendita, 5 anni fa esportavamo solo il 5% della nostra produzione, oggi arriviamo al 35% posso dire oggi che in questa situazione la diversificazione dei nostri volumi di vendita 1/3 bar 1/3 vending, 1/3 estero ci ha aiutato molto. Il nostro obbiettivo è quello di arrivare ad un 50% di fatturato estero in modo da mettere in sicurezza l’azienda, servendo diversi paesi si fraziona il rischio e si beneficia anche di un vantaggio finanziario in termini di liquidità visto che il cliente estero generalmente paga prima di un cliente nazionale”.
Io a casa uso le capsule, sono passato penso come molti di noi dall’uso della vecchia e cara moka alla praticità di una macchina che eroga velocemente un caffè espresso che oggi non ha nulla da invidiare a certi caffè consumati al bar, mi sono fatto l’idea che un torrefattore puro considerasse questo cambiamento come un involuzione del prodotto “caffè” macinato fresco e subito degustato, Alberto mi spiega invece che a dispetto della classica mattonella di caffè macinato in vendita nei supermercati, l’evento della capsula ha sicuramente aumentato sia la qualità che l’offerta di varie miscele che oggi si presentano con un vastissimo assortimento, si possono trovare delle mono origini o miscele 100% arabica, questo stimola la curiosità del consumatore che va alla ricerca di caffè più buoni, insomma le capsule e le cialde hanno creato uno stimolo che prima non c’era. La moka però sta tornando di moda complici anche i passati lock down, cerco di capirne qualcosa di più sul tema del confezionamento e mi faccio spiegare i limiti della mattonella confezionata sotto vuoto. In questo caso è necessario macinare il caffè, aspettare un po’ di tempo prima di confezionarlo perché il prodotto deve degasare deve cioè emettere anidride carbonica che però fa perdere una parte di aroma, poi viene confezionato sottovuoto e subisce un’ulteriore perdita di aromi, alla fine al momento della degustazione si avrà un caffè impoverito. Se invece il caffè viene confezionato macinato fresco in un involucro dotato di una valvola salva aroma, conserva il suo massimo sviluppo aromatico e una maggiore ricchezza di profumi, una maggiore crema perché viene conservata più anidride carbonica.
Parliamo di progetti futuri, mica ci vorremo fermare qui “Oltre al mercato estero, dobbiamo incrementare la private label, siamo reduci dalla fiera Trieste espresso che ci ha permesso di ottenere tantissimi contatti quasi tuti stranieri di cui la metà con richiesta di prodotto a marchio. Nella nostra politica per ogni Paese cerchiamo di avere un distributore che opera con il marchio Varanini e un altro con il marchio privato per diversi canali di vendita. Per quanto riguarda la ricerca, stiamo testando due nuove qualità di caffè crudo per creare nuove miscele in risposta alle richieste di clienti importanti che ci hanno richiesto prodotti ad hoc“. Alla fine del nostro incontro Alberto non manca di farmi notare il suo rammarico sul fatto che il caffè, un’eccellenza, un rito italiano, un’abitudine che fa parte della nostra cultura, non venga riconosciuto commercialmente come merita, viene, per usare le sue parole per certi versi svilito. Non si capisce perché almeno fino ad un anno fa qualsiasi tipo di caffè offerto al bar costasse un euro indipendentemente dal fatto che il barista usasse un caffè di alta o di bassa qualità. La stessa cosa esiste nella distribuzione automatica, si tende ad appiattire il livello di offerta riconducendola a prezzi simili indipendentemente dalla qualità offerta. Ci vorrebbe una maggior cultura facendo capire al consumatore che esistono parecchie differenze di qualità di prodotto e di qualità di preparazione, sarebbe sacrosanto pagare maggiormente un caffè che vale, perché un caffè che vale costa di più produrlo e costa di più trasformarlo, andrebbe creata una differenziazione del prezzo di vendita del caffè a seconda della qualità offerta. L’Italia è proprio il Paese Europeo in cui il caffè viene maggiormente svilito pur dichiarandoci noi i cultori di questo prodotto. Come dargli torto, del resto un altro prodotto che fa parte delle nostre abitudini e della nostra cultura come la pizza non la si trova a prezzi differenti?
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